Città e campagna
- Dettagli
- Pubblicato Venerdì, 25 Gennaio 2013 19:21
Testo di convocazione - Primo appuntamento 9 febbraio 2013
Tutela e rilancio dell’Agro Romano Primo incontro del ciclo Città-Campagna, curato da Co. Co. Me. Ro. - Confederazione delle Comunità Metropolitane Romane
9 febbraio 2013 - Casa dell’Architettura. Piazza Manfredo Fanti, 47
ore 9 – 13,30
Da quando Roma è diventata capitale d’Italia il rapporto tra città e campagna è sempre e univocamente stato quello di sfruttamento e di consumo della campagna da parte di una città in perenne e spesso gratuita espansione, promosso dalla speculazione edilizia, principale motore economico di questa città. Un meccanismo che, se è vero che ha dato lavoro a molti, ha sempre redistribuito pochissima ricchezza, permettendo l’accumulo parassitario di enormi capitali nelle mani di pochi attraverso la rendita e producendo parallelamente enormi costi sociali, e quindi un debito pubblico ormai insostenibile.
Punto di partenza di qualsiasi ragionamento urbanistico non può non essere l’arresto totale del consumo di suolo agricolo. Fermare la rendita per reinventare un nuovo rapporto tra città e campagna stabilendo un principio di rigenerazione reciproca che permetta di salvaguardare l’Agro romano, patrimonio paesaggistico ed agricolo unico, di fermare l’insensata espansione urbana promossa dalla rendita e di rigenerare sia la città sia la campagna ritrovando tra i due termini una reciprocità e un equilibrio perduti da tempo. Si tratta di attivare un processo di trasformazione sostenibile sia della campagna che della città, un processo a basso tenore di capitale e ad alto tenore di lavoro, che permetta di immaginare il reimpiego nel recupero urbano e nello sviluppo agricolo di quel vasto settore di impiegati nell’espansione edilizia.
Per quanto riguarda la campagna bisogna stabilire nuove forme di gestione del patrimonio agricolo dismesso in chiave produttiva ma anche sociale e culturale, sulla base degli esempi offerti dalle esperienze di orti e giardini condivisi, del ritorno dei giovani verso l’agricoltura di qualità e biologica, dei gruppi di acquisto e delle esperienze di servizi educativi e sociali in campo agricolo come gli agroasili, e le forme di orticultura dedicate alle diverse forme di disagio sociale dai disoccupati, ai rifugiati, ai diversamente abili.
Un ulteriore sviluppo all’interazione tra città e campagna può essere dato dall’utilizzo di beni organici un minuto prima che divengano rifiuti: su piccola scala da scarti di cibo dell’alimentazione umana a cibo per animali e compostaggio di qualità. Impianti di compostaggio aerobico e anaerobico prossimi alla fonte del rifiuto (allevamenti, borghi) per produzione di biogas ad uso locale ed ammendanti per la salute e la fertilità del terreno agricolo.
Importante l’uso del territorio agricolo per la produzione locale di energie, per il mantenimento della qualità delle acque di scorrimento, l’arresto dell’impermeabilizzazione del suolo agrario, la tutela delle sorgenti e dei corsi d’acqua, dei bacini dell’Aniene, dell’Arrone, del Tevere.Da non tralasciare l’importanza dell’accesso e dell’uso pubblico delle aree agricole anche come spazi verdi e luoghi di uso e produzione culturale, smettendo di sottrarre suolo all’Agro per realizzare improbabili e spesso abbandonati giardini pubblici, sprecando i proventi degli oneri di urbanizzazione. Questa integrazione su suolo agricolo di pratiche produttive e di servizi alla città e alla cittadinanza, trasforma l’Agro Romano in un territorio per la sperimentazione di nuove forme di imprenditoria sociale, in grado di contribuire alla riduzione della disoccupazione e alla implementazione dei servizi.
Il primo incontro toccherà quindi i temi della cultura, del welfare, del lavoro, della sostenibilità e anche della democrazia dal momento che la gestione locale delle terre agricole pubbliche e di quelle dismesse, eventualmente ripubblicizzate o parzialmente dedicate ad usi collettivi, può diventare un interessante esperimento di gestione del bene comune suolo agricolo, rilanciando l’interazione pubblico privato, l’eventuale ri-costituzione di terre collettive e delle Università Agrarie, e la ri-formulazione attualizzata alle esigenze di oggi degli usi civici su proprietà sia pubblica che privata. Questo processo di riconversione agricola favorisce anche la vendita diretta dei prodotti agricoli in situ, riducendo le filiere, e lo sviluppo della produzione e della trasformazione di prodotti alimentari di qualità, nella prospettiva dI un ritorno alla “sovranità alimentare”.
Ripensare la città costruita - secondo incontro, sabato 23 febbraio
ore 9,00 presso la Casa dell'architettura, Piazza Manfredo Fanti, 47
Secondo incontro del ciclo Città-Campagna a cura di Co.Co.Me.Ro. - Confederazione delle Comunità Metropolitane Romane
Nel corso del primo incontro abbiamo discusso di arresto totale del consumo di suolo, abbiamo individuato un principio e gli strumenti legali e urbanistici per realizzarlo; abbiamo dato vita ad una grande cartografia di 30mq su cui tutti insieme abbiamo tracciato la linea che divide costruito da non costruito; abbiamo condiviso e iniziato a raccogliere le buone pratiche con cui pensare di ridar vita all’uso agricolo, sociale e culturale dell’Agro Romano.
Ripartire dall’arresto del consumo di suolo significa affermare la possibilità che la campagna possa tornare ancora ad essere un organismo vivo, rigenerante e produttivo e che – in una rinnovata interdipendenza – la città possa riprendersi il suo passato e il suo diritto al futuro, tutelando, riattivando e reinventando tutto l’immenso patrimonio disponibile che già trattiene in sé, dentro e fuori le mura.
Questo secondo appuntamento sarà incentrato sull’altra faccia di questa medesima medaglia, che a partire dalla lotta contro l’espansione edilizia intende ripensare, recuperare, rendere più vivibile e ricca la città costruita, dal punto di vista ambientale, sociale e culturale.
Quello che vorremmo iniziare insieme è quindi un percorso cartografico e narrativo finalizzato a rintracciare le realtà urbane coerenti, luogo delle reti sociali locali, dei servizi primari e dell’identità comunitaria: quartieri, piani di zona, comuni dell’hinterland, borghi, borgate. Unità territoriali dove agiscono soggetti di cittadinanza, dai comitati di quartiere, alle associazioni che si occupano di ambiente, cultura e di solidarietà.
Si tratta di costellazioni di abitudini, narrazioni condivise e attive a cui non è riconosciuta la minima forma di autogoverno, né alcun peso neiprocessi di trasformazione della città. Si tratta di strutture urbane che subiscono l’abbandono e la privatizzazione dei beni pubblici, vedendosi sistematicamente espropriate di quelle indispensabili risorse per realizzare a pieno il diritto alla città per tutte e tutti.
Nel costituente percorso federativo che abbiamo intrapreso queste “comunità metropolitane” sono quelle realtà territoriali a cui riconoscere un livello di autodeterminazione, un peso ed un ruolo nella costruzione dei processi di recupero urbano e di riproduzione delle reti sociali. Individuare le “comunità metropolitane” e le risorse di spazipubblici per il loro sviluppo ambientale, sociale e culturale, raccogliere le esperienze di cittadinanza che vi si svolgono a supplenza dell’iniziativa pubblica, condividere le proposte dei cittadini sui possibili utilizzi del patrimonio pubblico dismesso, è ciò a cui vorremmo dare inizio con l’incontro di sabato.
Ridare nuova vita, nuova forma e nuovi significati a tutti quei luoghi pubblici abbandonati o sottoutilizzati, attraverso il contributo di chi li abita, li utilizza, li mantiene e li desidera, è la sfida innovativa che la città deve necessariamente affrontare per liberare il lavoro, per garantirequalità della vita e coesione sociale, per riattivare il tessutourbano.
Stop al consumo di suolo - Comitato civico
Quasi la metà del territorio del comune di Roma è urbanizzato, come raccontano i dati pubblicati di recente: 55 mila ettari è la superficie urbanizzata su 129 mila ettari di superficie comunale.
E sono almeno 250 mila gli appartamenti sfitti. Con questi numeri, sarebbe naturale aspettarsi uno stop al consumo di suolo e a nuove costruzioni. Invece succede esattamente il contrario, col sindaco Alemanno che promuove espansioni edilizie addirittura in aggiunta alla valanga di quelle già previste dal Piano regolatore.
E non sono lontani i tempi delle dichiarazioni di esponenti del Pd di Regione e Provincia, in coro con Alemanno, pronti a “raccogliere il grido di dolore dei costruttori” di fronte a pochi vincoli messi su un’area veramente piccola dell’Agro romano.
Non si conoscono ancora tutti i candidati né i programmi per governare Roma, ma certo le premesse in tema di urbanistica e consumo di suolo non sono rassicuranti. Fa eccezione Sandro Medici, il quale ha già detto un chiaro “Stop a nuove concessioni edilizie” nel caso venga eletto sindaco.
A confermare la bontà di questa scelta c’è un altro dato: in Italia il territorio coperto artificialmente è il 7,3 per cento, mentre la media dell’Europa a 23 è del 4,3 per cento. Ne sono consapevoli i tanti comuni italiani che hanno già scelto di dire basta al consumo di suolo, senza andare in bancarotta, anzi al contrario valorizzando le vere vocazioni dei territori, con il consenso maggioritario dei cittadini.
Ne è consapevole da anni la civilissima Germania, che pure ha numeri più rassicuranti e un territorio meno fragile del nostro. E’ del 1998 il provvedimento dell’allora ministro per l’Ambiente, Angela Merkel, che fissa a 30 ettari al giorno il consumo massimo di suolo entro il 2020, per arrivare a consumo di suolo zero nel 2050.
Quello che per la Germania è un obiettivo perseguito dalla politica, a tutti i livelli istituzionali, da noi è considerato poco più di uno slogan, buono al massimo per qualche piccolo comune virtuoso.
Riccardo Rifici - Proposta programmatica su lavoro ed riconversione ecologica. Gli edifici pubblici.
Premessa
Il settore edilizio genera quasi il 10% del PIL in Europa, conta di circa 20 milioni di occupati , e, in relazione agli impatti ambientali, impiega circa il 50% delle risorse naturali complessivamente utilizzate in tutti i settori, incide per un terzo sul consumo mondiale di energia. Negli ultimi 50 anni è diventato uno dei maggiori consumatori di combustibile fossile. Il settore civile (residenziale più terziario) assorbe mediamente nell’UE più del 42% dell’energia complessivamente utilizzata e emette il 35% di gas climalteranti .
Inoltre la fase d’uso incide in maniera significativa sul consumo di acqua; interventi nella costruzione e nell’uso degli edifici finalizzati al risparmio idrico, consentirebbero di risparmiare fino al 30% di acqua . In Italia la climatizzazione (riscaldamento e condizionamento) degli edifici è, dopo il traffico stradale, la seconda causa principale delle emissioni di CO2 in atmosfera.
Questo settore dunque, dato il suo rilievo in termini economici ed ambientali è un settore strategico in una strategia di produzione e consumo sostenibile. L’efficienza energetica degli edifici, da tempo individuata come uno dei principali obiettivi economico-ambientali dell’Unione Europea, è stata la ratio di varie norme volte a favorire il miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici sia attraverso la definizione di determinati target di prestazioni energetiche, sia attraverso l’istituzione di specifici strumenti economici per favorire questo genere di interventi.
In particolare, tra i provvedimenti normativi comunitari più recenti in materia, va citata la Direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica nell’edilizia che, facendo seguito alla Direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico nell’edilizia, stabilisce che entro il 31 dicembre 2020 tutti gli edifici di nuova costruzione siano edifici a energia quasi zero e che a partire dal 31 dicembre 2018 gli edifici di nuova costruzione occupati da enti pubblici e di proprietà di questi ultimi siano edifici a energia quasi zero .
Di seguito la Direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica impone, già a decorrere dal 1 gennaio 2014, che “il 3% della superficie degli edifici di proprietà del governo siano centrale e da esso occupati sia ristrutturata ogni anno per rispettare “almeno i requisiti minimi di prestazione energetica” definiti dalla direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia, ovvero quei requisiti di prestazione energetica “ottimali in funzione dei costi tra gli investimenti necessari e i risparmi energetici realizzati nel ciclo di vita di un edificio …
In Italia vi sono amplissimi margini di miglioramento dell’efficienza energetica giacché solo il 2% degli edifici appartiene a classi energetiche migliori della C e in media il consumo è superiore 170 kWh/mq/anno (ricordo che una casa in classe C ha un consumo minore di 70 kWh/mq/anno). Più sarà diffusa la realizzazione di questi interventi, più tali investimenti consentiranno una riduzione della dipendenza energetica dall’estero, una riduzione dei costi energetici, il miglioramento ambientale del mix di fonti energetiche nazionali e il miglioramento del comfort abitativo. Di questo tema se ne parla da almeno 20 anni. Cosa è stato fatto in questi ultimi decenni a Roma? Quasi niente o forse solo “specchietti per le allodole”.
Infatti mentre si è continuato a costruire nuova edilizia, senza alcun serio criterio di efficienza ambientale (solo qualche impianto fotovoltaico sui tetti giusto per darsi un “contegno”, rubando suolo pubblico alla collettività, non è stato fatto alcun vero piano pubblico per la sistemazione del grandissimo patrimonio edilizio esistente, partendo da quello pubblico (scuole, edilizia popolare e uffici pubblici.). In proposito va sottolineato che, visti i dati prima accennati, un piano di questo tipo avrebbe quattro importantissimi risultati:
• raggiungimento, grazie alla riduzione della bolletta energetica, di grandi risparmi di denaro per la collettività, che in tempi ragionevoli (10-12 anni) ripagherebbero completamente degli investimenti fatti.
• Abbattimento delle emissioni inquinanti, che permetterebbero facilmente di raggiungere gli obiettivi internazionali complessivi (CO2 , ed altro)
• Grande rilancio del lavoro per una edilizia utile e non speculativa. Il solo obiettivo del 3% l’anno previsto dalla direttiva europea sarebbe a fatica coperto dalle aziende attualmente operanti nel settore.
• Questi interventi migliorerebbero anche la qualità del’ambiente interno (inquinamento indoor) Oltre a tutto ciò va aggiunto che in tale ambito potrebbe essere colta anche l’occasione di occuparsi della sicurezza sismica degli edifici,
Azioni, strumenti a supporto della riqualificazione energetico-ambientale degli edifici
La Direttiva sulle prestazioni energetiche dell’edilizia impone l’elaborazione di piani d’azione nazionali per aumentare il numero di edifici ad energia quasi zero, la loro definizione, la definizione di un indicatore numerico del consumo di energia primaria espresso in kWh/mq/anno, l’individuazione degli obiettivi intermedi di miglioramento della prestazione energetica degli edifici di nuova costruzione entro il 2015 nonché delle politiche e delle misure finanziarie adottate per promuovere gli edifici a energia quasi zero, l’usi di fonti rinnovabili per nuovi edifici e ristrutturazioni “importanti”.
Una strategia settoriale sul settore edilizio, rappresenta un’opportunità che consente di integrare questi compiti ed obiettivi con altri obiettivi ed altre azioni che possano, tramite qualificazione del settore, avere importanti ritorni economico-ambientali. Tenuto conto dell’elevata densità edilizia del Paese, va approcciata soprattutto la riqualificazione non solo energetica del patrimonio edilizio esistente, avviando percorsi adatti a produrre nel tempo una significativa mitigazione dei maggiori impatti ambientali. Tali azioni dovrebbero rappresentare un tema prioritario per le amministrazioni locali dotate di un grande patrimonio edilizio. Tra le principali azioni che dovrebbero essere messe in atto all’interno di un vero e proprio piano d’azione.
AZIONE 1 CABINA DI REGIA GOVERNATIVA.
Dovrebbe per prima cosa essere allestita una “cabina di regia” governativa con la presenza dei principali Ministeir interessati (Sviluppo Economico, Ambiente, MEF, Infrastrutture), che dovrebbe sovraintendere le linee generali dell’azione per la il Piano di ristrutturazione. Tale cabina con la collaborazione delle rappresentanze regionali e dei principali comuni dovrebbe definire come prima cosa un piano finanziario con il coinvolgimento degli istituti di credito; Tale piano dovrebbe essere articolato a livello locale soprattutto a livello delle regioni e dei grandi comuni. Ad esempio “Roma capitale dovrebbe fare un proprio piano sul tema.
AZIONE 2 INDIVIDUAZIONE DI STRUMENTI ECONOMICO-FINANZIARI PER LA REALIZZAZIONE DEGLI INTERVENTI DI RISTRUTTURAZIONE DEGLI EDIFICI
Per facilitare la diffusione degli interventi, per il settore pubblico, per gli edifici di proprietà e occupati dagli enti pubblici, dovrebbero essere previsti fondi rotativi, o fondi di finanziamento misti. Per l’edilizia residenziale pubblica, tali opere dovrebbero essere realizzate con il meccanismo del finanziamento tramite terzi (tale forma contrattuale dovrebbe ovviamente poter essere utilizzata direttamente dalle imprese di costruzione e non riservata esclusivamente ad Esco e società operanti nel settore energico).
Deve essere imposto e/o promosso un rafforzamento dell’impegno a sostenere tal genere di finanziamenti ad opera del sistema creditizio, coinvolgendo l’ABI e dell’impegno ad assicurare dai rischi di mancato ritorno dell’investimento a condizioni meno onerose, verificando le analisi dei rischi effettuate dalle compagnie assicurative, coinvolgendo, l’ISVAP. Per esempio potrebbe essere imposto un tasso agevolato di finanziamento per la realizzazione di opere edilizie improntate ai precisi requisiti (ad esempio quelli previsti per glia acquisti verdi (vedi oltre)). Dovrebbe essere inoltre:
• promosso il ricorso ai fondi comunitari (fondi strutturali e fondi di coesione) per incentivare gli investimenti per la riqualificazione energetico-ambientale degli edifici
• mantenuta l’aliquota IVA agevolata per tal genere di interventi edilizi e introdotta l’aliquota agevolata per i contratti servizi energia (servizio energia plus)
• stabilizzata la deducibilità delle spese sostenute al 55%, estesa anche alle caratteristiche CAM, se vi è garanzia di conformità certificata da ente terzo
• promossa l’istituzione di fondi comuni di investimento che operano per sostenere questo tipo di interventi o per finanziare le imprese di settore, considerato che i tempi di ritorno degli investimenti in tale contesto sono a volte anche superiori a 15 anni
• prevista una riduzione dei coefficienti IMU nel caso in cui la persona fisica o giuridica effettui gli interventi di efficientamento energetico attraverso un contratto con garanzia di risultato (provato dall’ottenimento dei TEE o da una certificazione di parte terza, riconosciuta) e da contratto con ESCo o con una ditta di costruzioni.
• mantenuti gli incentivi o i progetti di incentivazione, quali il conto energia termico Con tali presupposti le PMI operanti nel settore e nella filiera, avrebbero l’opportunità di crescere, e di qualificarsi. Il ritorno in termini di occupazione, di settore, nell’indotto e nelle attività di consulenza tecnico-progettuale, è potenzialmente molto rilevante, anche per profili professionali altamente qualificati.
AZIONE 3. DEFINIZIONE DI OBIETTIVI DI EFFICIENZA E DI STRUMENTI PER MISURARE IL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI
Deve assolutamente essere definito il quadro normativo a livello nazionale per i criteri di certificazione energetica superando l’attuale confusione. Devono, in sostanza esistere elementi certi che permettono di valutare e “certificare” il raggiungimento degli obiettivi di efficientamento
AZIONE 3: DEFINIZIONE DEI “CRITERI AMBIENTALI MINIMI PER LA COSTRUZIONE E RISTRUTTURAZIONE DEGLI EDIFICI” (ACQUISTI VERDI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE)
Con tale strumento di carattere volontario sarà possibile, anche in via preliminare e propedeutica alla definizione di ulteriori direttive di settore di carattere cogente:
• Definire “requisiti di prestazione energetica” di riferimento per gli edifici pubblici da ristrutturare, anche migliorativi rispetto a quanto già delineato dalle norme di settore, definendo così un punto di riferimento anche per gli edifici privati.
• Definire criteri per la progettazione, la costruzione e la demolizione degli edifici che prevedano, per esempio, l’utilizzo di materiali riciclati, tecnologie e sistemi per il risparmio idrico, impianti o aree per la raccolta e il riciclaggio dei rifiuti, requisiti per l’isolamento acustico, rivestimenti interni ed esterni a minori impatti ambientali, una gestione del cantiere attenta agli aspetti ambientali, una progettazione che faciliti la demolizione selettiva, indicazioni delle caratteristiche che deve possedere il sito
• Definire una metodologia, basata il costo del ciclo di vita (Life Cycle Costing), per valutare la “convenienza economico-ambientale” degli interventi da effettuare contemplando anche se sia preferibile la demolizione e la ricostruzione di un nuovo edificio in luogo della ristrutturazione dell’esistente.
• Determinare, sulla base di un’analisi puntuale dei più diffusi sistemi di rating e certificazione energetico-ambientale volontaria, i metodi di valutazione e “certificazione” delle prestazioni ambientali raggiunte dagli edifici
• Dovrebbere essere imposti modelli contrattuali per l’acquisto di servizi energetici che impongono contestualmente alla fornitura del servizio energetico, la diagnosi energetica e la proposta di un progetto esecutivo per l’efficientamento (vedi gli esistenti criteri verdi per l’acquisto di servizi energetici (DM marzo 2012) La riqualificazione dell’esistente, dovrebbe essere promossa anche attraverso opere di demolizione e di ricostruzione degli edifici energivori, o non sufficientemente statici. Gli enti locali potrebbero, a loro spese, mettere a disposizione degli alloggi temporanei (alberghi etc.) per facilitare la riqualificazione. Le spese di riqualificazione potrebbero essere affrontate con fondi strutturali, cui già molti stati membri fanno ricorso.
AZIONE 5 : AZIONI DI COMUNICAZIONE, INFORMAZIONE E FORMAZIONE
È essenziale adoperarsi per migliorare la preparazione degli addetti al settore attraverso momenti di formazione rivolti agli aspetti energetico- ambientale. Non secondario in proposito è il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali, sia per gli aspetti relativi alla formazione, sia per gli aspetti relativi alla sicurezza sul lavoro e alla emersione dal lavoro nero che in questo settore può condizionare negativamente molte questi