Precarietà e lavoro
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- Pubblicato Venerdì, 25 Gennaio 2013 19:21
Comitato civico - Testo di convocazione
Assemblea convocata per l'8 febbraio, ore 18
Il lavoro a Roma è una realtà complessa. Non siamo solo la metropoli del lavoro impiegatizio, dell'impresa edilizia, del turismo o dell’industria aerospaziale e militare. Abbiamo il commercio, le piccole imprese, il lavoro dipendente nel settore pubblico e in quello del terziario primario e avanzato.
Ma Roma soffre un alto tasso di disoccupazione giovanile (nel 2011 supera la quota del 36%), una considerevole differenza tra tasso di occupazione maschile e femminile ed è una delle città metropolitane con il valore più alto di lavoratori e lavoratrici in nero (31,9%).
Uno dei dati più allarmanti è la crescita dei cosiddetti “Neet” - giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano e non frequentano corsi di formazione - il Lazio è la regione in cui si è riscontrato il peggior risultato in termini di aumento dei Neet (21,6%).
L'occupazione precaria è aumentata considerevolmente negli ultimi 15 anni. Ben più della metà dei nuovi contratti di lavoro sono a tempo determinato, occasionali, intermittenti. La più grande “fabbrica” del lavoro precario a Roma è proprio il Comune.
Roma è anche la Capitale del lavoro immateriale. Un terzo della forza lavoro attiva gravita nell'economia del cosiddetto "terziario avanzato" e si occupa di consulenza e attività di servizio, oltre che di ricerca, cultura, creatività, comunicazione logistica, insomma è impiegabile - ma non impiegata in maniera stabile – nel fantastico mondo della "economia della conoscenza".
I dati ci dicono che i lavorat* autonomi, collaboratori a progetto e precari impiegati nel terziario avanzato a Roma sono circa un quarto dell'occupazione totale. Altra percentuale importante è quella sulle partite iva.
A Roma e in provincia il gruppo più forte è quello dei consulenti e dei liberi professionisti (24%, avvocati, notai o architetti), ma quello più attivo e in crescita è rappresentato dal lavoro della conoscenza e relazionale, cioè da pubblicitari, informatici, dall'entertainment e dai lavorat* con incarichi di cura alla persona e domestici.
Questa è la realtà del lavoro contemporaneo che a Roma assume un profilo visibilissimo, eppure del tutto misconosciuto da chi ha governato la città in questi anni. I comuni non hanno competenza legislativa per intervenire sul quadro normativo generale, ma possono sperimentare nuove pratiche e modelli di welfare e adottare strumenti a favore delle condizioni di chi vive nel “quinto stato”.
Al nostro tavolo, norme alla mano, e con la giusta dose di immaginazione politica, vogliamo discutere quali strumenti Sandro Medici Sindaco adotterà. Tra le prime proposte da discutere:
1) ammortizzatori sociali, percorsi formativi e di avvio al lavoro, introduzione di forme di sostegno al reddito per chi vive nella precarietà, nella disoccupazione e inoccupazione, realizzazione di un nuovo modello di welfare locale, a partire dal diritto universale alla maternità;
2) la regolarità dei pagamenti dell'amministrazione, a 60 giorni, come dichiarato dalla normativa europea;
3) incentivi, inafrastrutture e servizi, convenzioni con le università di Roma e sostegno alle imprese che investono nell’innovazione e nella ricerca. Investimento e promozione del lavoro della conoscenza, della cultura e della ricerca promuovendo nella città un sistema di audit pubblico che coinvolga la cittadinanza attiva per migliorare le condizioni di vita e ambientali, la formazione professionale e l’inclusione sociale;
4) la valorizzazione, nell'ottica di una politica di sistema a livello metropolitano e regionale, di tutte le iniziative di auto-organizzazione del lavoro, sperimentando anche nuove forme istituzionali, affinché Roma e l’agro romano diventino il modello europeo per la gestione, la riqualificazione e la creazione di nuove economie sostenibili;
5) la diffusione di una diversa idea di impresa e delle buone pratiche imprenditoriali: i dati mostrano che le imprese che resistono meglio alla crisi sono capaci di rispondere ai bisogni dei territori in cui operano, sono attente all’ambiente e investono nel principale fattore di competitività: la cura delle risorse umane (contratti di lavoro dipendente, basso turnover dei lavoratori; forbice salariale tra le posizioni più alte e quelle più basse ridotta, formazione come aspetto qualificante);
6) la promozione di una nuova organizzazione del lavoro indipendente, nel campo dell'economia della conoscenza, dell'artigianato, dell'associazionismo, puntando su una rete autogestita di spazi di coworking municipio per municipio che stimoli l'auto-organizzazione delle associazioni professionali, delle associazioni di promozione sociale e dei servizi di consulenza per il lavoro.
Report del primo incontro - 8 febbraio
L’8 febbraio presso la sede del Comitato civico, in Via Ostiense 2, abbiamo svolto il primo incontro del tavolo Precarietà e lavoro, per la costruzione partecipata del programma elettorale della lista civica che sostiene la candidatura di Sandro Medici al Comune di Roma.
TERMINE PER L’INVIO DEI CONTRIBUTI SCRITTI: 3 MARZO
IL SECONDO APPUNTAMENTO si svolgerà nella seconda o terza settimana di marzo.
Monica spiega il metodo generale dei tavoli per la costruzione partecipata del programma. Da dicembre scorso ad aprile svolgeremo incontri e assemblee per discutere problemi e proposte. Si possono inviare elaborati scritti per contribuire alla discussione sui singoli argomenti oltre che organizzare sottogruppi per affrontare questioni specifiche. I testi (individuali o collettivi) saranno pubblicati sul sito sandromedici.it , lunghezza massima 500 parole. I momenti di confronto assembleare saranno associati a modalità online di discussione e decisione (liquid feedback, grazie all’aiuto del Partito Pirata) e condurranno a una giornata di plenaria conclusiva.
Roberto C. introduce il tema della precarietà e del lavoro, così come presentato nel testo di convocazione dell’incontro, concentrandosi su Roma città del lavoro immateriale e della conoscenza. Si focalizza sul protagonismo professionale, culturale, sociale di una larga fascia della popolazione attiva che condivide la condizione del “quinto stato” e del lavoro autonomo, intermittente, precario. Parla a lungo dell’autoimpiego e del coworking, riferendosi anche al bando per l’affidamento degli spazi proposto dalla giunta Pisapia a Milano.
Roberto M. concorda con il taglio dato alla prima iniziativa sul lavoro. Abbiamo bisogno di un punto di vista originale sia sull’analisi sia sulla proposta politica concentrandoci sul sostegno alla capacità di autoimpiego. Oltre ala dscussione sul reddito di cittadinanza, propone poi un approfondimento sui sistemi di credito alternativi e sui circuiti monetari ”liberati”. Come il Wir di Basilea che esiste interrottamente dal 1934 o il nuovissimo "Nanto", moneta locale di Nantes progettata da due studiosi italiani della Bocconi.
L’obiettivo del progetto, il primo su larga scala in Europa, è incrementare l’importanza degli scambi non monetari tradizionali tra cittadini, aziende, settore privato e sistema pubblico per favorire l’economia locale. Barbara sottolinea che se il focus è la precarietà a Roma non possiamo prescindere dai contratti di lavoro stipulati dal Comune. Poi c’è la precarietà che nasce dall’aver perso il proprio posto di lavoro e quindi il problema delle aziende in crisi. Per affrontarlo ci vuole progettualità e dobbiamo agevolare la riconversione delle fabbriche. Ma non c’è solo il precariato, un fenomeno allarmante è anche quello dei Neet, giovani che non studiano e non lavorano, ma possono essere anche laureati, che spesso si sovrappone a quello del lavoro nero o del micro-lavoro o lavoro episodico, ad esempio nella ristorazione o nel volantinaggio.
Roberto D. Il Comune di Roma è il primo datore di lavoro precario dai dati Inps. Oltre a questo dobbiamo concentrarci sul potere di indirizzo che ha il Comune, quando ci sono bandi, appalti e subappalti, e prevedere sanzioni per indirizzare i comportamenti nel settore privato e dare concessioni sono alle aziende che sono in regola con il pagamento dei contributi. Altro fondamentale aspetto è la ripubblicizzazione di una serie di servizi oggi esternalizzati, che non garantiscono risparmio né migliori prestazioni. Si sofferma anche sui servizi legati alla condizione precaria o di disoccupazione, ad esempio ponendo il tema della esclusione o penalizzazione nelle graduatorie degli asili nido.
Angela pone il tema della riqualificazione della pubblica amministratore e ribadisce la necessità che interi settori rimangano pubblici, come la sanità. L’esternalizzazione in sala operatoria significa minori garanzie per lavoratori e per i pazienti e precarizzazione. Stefano punta il dito sul tema dei bandi pubblici e sui criteri di aggiudicazione: spesso per essere l’azienda con il prezzo più basso si taglia sul lavoro e sui diritti.
Per Alberto dobbiamo tenere assieme due livelli, uno è quello della costruzione di un programma dettagliato, l’altro è il dare un’impronta interpretativa al lavoro a Roma. Per centrare questo secondo aspetto propone una grande iniziativa sulla città dei servizi, che metta assieme chi lavora e chi usufruisce dei servizi. Propone anche discussione sulla riscrittura dell'articolo 26 (attuale delibera 73) sull'assegnazione degli spazi in chiave di autogoverno e autoimpiego.
Barbara mette in luce aspetti ancora non indagati: l’industria bellica, il Polo tecnologico della Tiburtina, la ricerca avanzata e le università. Propone non uno ma tanti momenti di incontro, nelle aree coinvolte da questi settori. Secondo Francesco dobbiamo mettere al centro ciò che è sullo sfondo e per farlo propone di intraprendere momenti di approfondimento, anche per “fare inchiesta”, e analizzare da vicino ciò che dobbiamo mettere al centro: la precarietà, il lavoro intermittente e privo di diritti.
Immagina una grande assemblea in cui convocare lavoratori del territorio e vertenze in corso. Roberto C. Interviene affermando che dobbiamo mettere in luce gli aspetti positivi di una economia che già esiste e che appoggia le economie alternative e un modello di sviluppo radicalmente alternativo – in soldoni sono gli stessi soggetti a cui, con tutt’altra (scellerata) operazione si rivolgeva Veltroni e la sua operazione culturale, allora semplice “maquillage”, “bolla culturale”.
Per Stefano un nuovo modello di sviluppo comincia dicendo che non costruiremo più, stop al consumo di suolo. Sandro: la questione del lavoro a Roma è complessa e articolata, per questo anche io penso che bisogna scegliere un profilo per la nostra candidatura e questo è il modello di sviluppo alternaivo. Se questa città venisse amministrata diversamente, a partire dalle competenze e dalle risorse che ci sono, potrebbe mettere in moto economie radicalmente diverse. Ciò che pesa di più nel bilancio è il patrimonio. Quasi seguendo un ritrovato keynesismo dobbiamo partire dal patrimonio per mettere in moto un altro modello di sviluppo.
Pensiamo all’agricoltura; dobbiamo promuovere le coltivazioni finalizzate per inserirle nel mercato locale, ad esempio l’orto frutticolo per le mense scolastiche. Dobbiamo inventare o recuperare vecchi flussi di distribuzione e mettere in relazione gli agricoltori con il mercato locale. Poi non dimentichiamoci che a Roma si può fare il vino. L’agricoltura non è un’economia secondaria, perché è entrata nell’immaginario la questione del buon cibo e della salute.
Questo discorso porta con sé anche quello sul turismo e l'esportazione del “marchio Roma” che rimette in moto economie. Un altra dimensione del patrimonio sono i fabbricati: dobbiamo ragionare su questi beni per creare nuova economia, per la produzione culturale e la creatività, che significano incrementi del flusso turistico, non solo per salvaguardare economie di sussistenza. Dobbiamo fornire alla città una costellazione di spazi capaci di dare una offerta culturale competitiva con le altri capitali europee. Poi c’è il patrimonio artistico, immenso come aggregato urbano, che non ha pari al mondo e deve diventare la prima fonte di sviluppo, anche con operazioni di “brand”.
Roma capitale deve assumere una sorta di monopolio sul “brand Roma”. Sandro conclude esprimendo accordo con gli altri sulle esternalizzazione dei servizi, una situazione gravissima che ci impone di lavorare per avviare un processo di internalizzazione di alcuni servizi, e sulle questioni urbanistiche. A Roma abbiamo 51.000 appartamenti invenduti, piuttosto che costruire ancora dobbiamo impegnarci a “rigenerare i tessuti”. Reimporre una sorta di patto alla Petroselli che ristabilisca il primato della politica e degli interessi della città e della cittadinanza (dove costruisco, perché, a cosa mi serve) sugli interessi dei costruttori.
Il Personale di Roma Capitale - Gianni Carravetta RSU Comune di Roma
La struttura occupazionale di Roma Capitale è in lento declino: nel corso di un decennio si è passati da 27.358 dipendenti (dato del 2002) a 23.847 (ultimo dato disponibile relativo al 2012), facendo registrare una riduzione dell’organico di 3.500 di posti di lavoro, metà dei quali persi durante gli ultimi 5 anni (- 12% circa in un decennio).
Queste cifre risaltano ancor di più se si guarda alla dotazione organica di diritto o teorica (in rapporto alla popolazione), che fissa a 31.730 dipendenti il tetto del fabbisogno di personale. Anche guardando alla spesa per il personale si ricava un dato particolarmente significativo: includendo anche il costo del personale delle società partecipate dall’Ente.
L’incidenza percentuale della stessa sulla spesa corrente complessiva si è attestata nel 2012 al 34,53% (pari a 1,166 miliardi di euro), ben al disotto del limite del 50% previsto per legge. Un’analoga riduzione si è verificata per la formazione del personale, passata da circa 2 700 milioni (stanziati nel 2002) a circa 488 mila euro stimati per il 2012.
Il processo ininterrotto di esternalizzazioni e la gestione privatistica della cosa pubblica hanno reso ancora più evidente il disinvestimento strategico nei confronti del principale asset della macchina amministrativa capitolina. Per Roma è necessario un paradigma diverso: “…la sua manutenzione, un generalizzato e amoroso lavoro di cura”, si può realizzare contando anche sul coinvolgimento delle persone che operano quotidianamente nei suoi uffici.
Tra le tante emergenze che si affastellano sul fronte interno, bisogna innescare un’inversione di tendenza nelle politiche del personale, al fine di restituire dignità e senso al lavoro dei pubblici dipendenti. In tal senso, sarebbe necessario:
a. rivedere il sistema di classificazione e la nuova dotazione organica del personale, nella direzione di una ricognizione esaustiva delle professionalità interne all’ente, al fine di valorizzare le risorse esistenti e ottimizzarne l’impiego;
b. procedere allo scorrimento delle graduatorie concorsuali interne a copertura dei posti vacanti in organico, tenendo in giusta considerazione il diritto alla carriera e al riconoscimento della professionalità acquisita nel corso della vita lavorativa;
c. individuare interventi mirati al settore educativo-scolastico, con l’intento prioritario di arrestarne il processo di privatizzazione: qualificare e aumentare l’offerta di servizi pubblici per l’educazione e l’istruzione procedendo al completamento delle assunzioni del personale educativo degli asili nido e delle insegnanti della scuola dell’infanzia e, contemporaneamente, invertendo il processo di dismissioni delle strutture a favore dei privati;
d. arrivare rapidamente alla stipula di un nuovo contratto integrativo aziendale che, pur nei limiti introdotti dall’eversivo decreto Brunetta, riequilibri il sistema verso un’effettiva vigenza degli istituti contrattuali, soprattutto nelle relazioni sindacali di livello decentrato, e punti al superamento delle fasce di merito prevedendo meccanismi atti ad assicurare la retribuzione accessoria;
e. mirare al sostegno dei servizi ai cittadini e al consolidamento del decentramento amministrativo tramite un’analisi del fabbisogno di personale e del potenziale dei dipendenti, anche in previsione dell’aumento delle competenze determinato dai decreti per Roma Capitale;
f. ridefinire l’istituto delle posizioni organizzative (equivalenti alle figure dei “quadri” nel privato), introducendo maggiore trasparenza nelle procedure selettive e attuando una verifica dell’effettiva necessità degli incarichi ai fini dell’organizzazione del lavoro e, alla luce di tale riscontro, ridistribuire le risorse allargando la platea dei potenziali responsabili delle posizioni;
g. attuare una gestione delle risorse umane sempre ispirata a principi di trasparenza, che garantisca ai dipendenti omogeneità di trattamento e pari opportunità, a cominciare dal diritto ad essere trasferiti da un ufficio all’altro secondo un sistema di regole chiare e accessibili, che cancelli il ricorso alle mediazioni politico-sindacali;
h. realizzare la formazione continua, calibrata sui processi di lavoro, assicurando l’implementazione delle risorse previste dal contratto nazionale;
i. stabilizzare il personale precario, attraverso la rapida definizione di un piano assunzionale che contempli il passaggio a tempo indeterminato del personale che ha i requisiti individuati dalla legge di stabilità 2013 (tre anni di servizio);
j. eliminare il ricorso ai rapporti di lavoro atipici, a cominciare dai contratti di somministrazione lavoro, vero e proprio serbatoio di clientele a vantaggio degli apparati sindacali e dei partiti;
k. interrompere l’esternalizzazione dei servizi ed il reclutamento di personale esterno mediante le società in house, andando verso una revisione del modello di gestione dei servizi che comporti la conduzione diretta da parte dell’Ente, l’assunzione del personale precario esterno e l’indispensabile valorizzazione del personale dipendente;
l. garantire una gestione trasparente delle risorse economiche destinate agli straordinari, alle commissioni, alle indennità e ai fondi speciali per particolari servizi, al fine di rendere equo ed omogeneo il meccanismo di retribuzione
m. limitare il ricorso ai contratti dirigenziali a tempo determinato e alle consulenze, circoscrivendoli ai casi di effettiva alta specializzazione e attivando esclusivamente procedure di evidenza pubblica;
n. garantire il diritto all'informazione e l'accesso agli atti a tutti i dipendenti e alle OO.SS, anche mediante la costituzione di un apposito URP dedicato al personale;
o. ottenere una migliore comunicazione interna tramite la realizzazione di una bacheca elettronica dei provvedimenti relativi al personale, con particolare riguardo al meccanismo dei trasferimenti e alla mobilità interna;
p. prevedere l’apertura di uno sportello a cui le/i dipendenti possano denunciare eventuali soprusi e casi di mobbing verticale o orizzontale;
q. garantire la più ampia democrazia sindacale, prevedendo l’accesso alle trattative a tutte le OO.SS. che abbiano almeno un/a rappresentante eletto/a nella RSU e assicurando l’esercizio del diritto all’informazione, tramite una puntuale trasmissione di tutti i documenti riguardanti gli argomenti oggetto di trattativa (compreso il calendario degli incontri) a tutti i Rappresentanti RSU.
Quinto Stato - La costituzione sul territorio metropolitano di una rete di spazi di coworking
Uno spazio dove lavoratori indipendenti possano riunirsi per inventare, produrre, socializzare e che riconnetta la produzione culturale ai quartieri, al tessuto sociale e anche alle questioni urbane nel senso più ampio. Insomma un sistema di casematte. Sandro Medici
1. ANALISI DEL BISOGNO
La crisi economica e finanziaria sta avendo un impatto devastante sul mercato del lavoro e, unita a politiche restrittive, contribuisce a indebolire il sistema di welfare e parte dei servizi pubblici fondamentali, producendo povertà e un vuoto che alimenta i sentimenti di solitudine e insicurezza. Inoltre la progressiva diffusione di formule contrattuali atipiche e temporanee piuttosto che rispondere ai nuovi e reali bisogni sociali, ha portato infatti ad una crescita delle insicurezze nel mondo del lavoro e ad una progressiva segmentazione del mercato a svantaggio dei giovani, delle persone diversamente abili, dei cittadini/e stranieri/e e delle donne.
Per arginare la grande difficoltà dei lavoratori e delle lavoratrici delle nuove generazioni - divisi tra la difficoltà a trovare un impiego, lo sfruttamento economico, l’isolamento professionale, il ricatto del lavoro nero e dei tanti stage e tirocini raramente retribuiti, l’obbligo a ricoprire ruoli e mansioni non adeguati al titolo di studio, l’impossibilità a sostenere i costi di un luogo fisico dove esercitare in modo indipendente la propria professione - diventa sempre più importante trovare risposte di prossimità che sperimentino forme nuove di organizzazione del lavoro e mettano a valore il capitale sociale, relazionale, le competenze e l’operosità dei giovani e non per incentivare autoreddito, competitività, produttività e innovazione.
È fondamentale che i singoli e le singole che vogliano intraprendere forme di lavoro autonomo o gruppi di giovani che intendano aprire attività associative e no profit abbiano un aiuto dall’Amministrazione comunale. In particolare la proposta di Sandro Medici Sindaco è di agevolare l’autoimprenditorialità, il mercato no profit, l’accesso al lavoro delle giovani generazioni soggette alla precarietà mettendo a disposizione spazi, edifici e strutture in stato di dismissione o abbando per realizzare un sistema di coworking che incentivi il lavoro autonomo, la collaborazione professionale, l’autoformazione e il mutualismo.
2. LE CARATTERISTICHE DEL SISTEMA COWORKING DI ROMA CAPITALE
Il cowork è un neologismo che deriva dall’unione delle parole “cooperation” e “work”: una cooperazione lavorativa che ha l’obiettivo concreto di risolvere i problemi di budget (costi di affitto, attrezzature, strumenti) e di provvedere a tutto ciò che si rende necessario per svolgere il proprio lavoro, qualunque esso sia. Il coworking si realizza essenzialmente in spazi più o meno grandi (suddivisi normalmente in postazioni di lavoro; una meeting room per le riunioni e uno spazio cucina) supportati da una connessione internet wi-fi e dotati di tutte le attrezzature necessarie (armadietti, fotocopiatrici, stampanti, scanner e fax).
Ma per noi il co-working non è solo un risparmio sull’affitto. Soprattutto è un progetto per: - promuovere il lavoro autonomo e contrastare lo sfruttamento sul mercato del lavoro e la precarietà
- rivitalizzare i quartieri e lo sviluppo locale
- dare nuova vita a spazi inutilizzati o in dismissione
- contribuire al della qualità della vita dei cittadini aprendo spazi polifunzionali con produzione e fruizione culturale e artistica gratuita Nel dettaglio coworking per noi significa:
• attività in grado di avviare processi di formazione e autoformazione dei giovani, adulti, persone diversamente abili, cittadine e cittadini stranieri e dei lavoratori e delle lavoratrici delle Pubbliche Amministrazioni locali che risultino da un lato una potenzialità per le imprese e le istituzioni, dall’altro una valorizzazione dei singoli/e, anche attraverso la formazione diretta alla costituzione di nuovi spazi di cowork. Promozione del processo gestionale del Diversity Management, che, investendo sul capitale umano, ha lo scopo di valorizzare e utilizzare pienamente il contributo di ciascuno/a e favorire processi di empowerment personali e professionali
• individuazione dei finanziamenti pubblici (locali, nazionali ed europei) e delle opportunità di mercato per lo sviluppo di progetti collettivi che abbiano finalità sociali, culturali e di innovazione tecnologica e che possano, attraverso la loro realizzazione, incentivare il lavoro e lo start-up di nuove forme di imprenditorialità e di associazionismo, promuovendo lo sviluppo locale e stimolando il tessuto economico, culturale e sociale del quartiere
• favorire la cultura del riuso e dello scambio organizzando periodiche occasioni di scambio dell’usato, di attrezzature, strumenti e oggetti vari (per i coworker, i professionisti, le associazioni, gli studenti, gli utenti esterni ecc.), che costituiranno un mezzo di risparmio vantaggioso, uno strumento di limitazione degli sprechi e di sensibilizzazione al consumo consapevole
• incontrare la richiesta di autotutela dei lavoratori atipici e agevolare la diffusione di pratiche di autogoverno e di mutualismo per sopperire all’assenza di servizi e di tutele pubbliche e all’estrema onerosità di quelli privati soprattutto per quanto riguarda la maternità, gli infortuni e la malattia.
• promuovere forme di gestione e organizzazione del lavoro capaci di migliorare la conciliazione tra tempi di lavoro e di cura e di promuovere condizioni di pari opportunità di accesso, permanenza e progressione di carriera nel mercato del lavoro di tutte e tutti i cittadini. Per questo negli spazi comunali di coworking sarà allestito uno spazio baby e un servizio di co-sitting.
• sviluppare un’idea diversa della produzione e fruizione culturale aperte ai cittadini del quartiere; sostenere le produzioni indipendenti e i giovani artisti, i lavoratori della conoscenza, le microimprese operanti nella cultura; praticare un’idea diversa della città restituendo spazi inutilizzati o dismessi alla cittadinanza.
3. FORMA ORGANIZZATIVA
Ogni spazio di coworking sarà frutto dell’incontro tra l’impegno di Roma Capitale o dei singoli Municipi nella cessione di spazi pubblici ad hoc per questo tipo di operazione, e l’attività di autorganizzazione della cittadinanza attiva. Per quanto riguarda l’organizzazione “interna”, questi spazi vedranno la coesistenza di piccole imprese e singoli lavoratori indipendenti, coordinate da associazioni non profit che stabiliranno, a seconda dei casi specifici, quote di conferimento che le imprese, i professionisti, le associazioni, erogheranno per il mantenimento della struttura e per le spese generali, stabilendo una quota fissa minima progressiva a seconda del fatturato di ciascun componente.
Sarà compito del Tavolo cittadino sul coworking, che si baserà sulla democrazia assembleare partecipata, promuovere call pubbliche e vegliare sulla trasparenza nell’affidamento dei locali. I singoli spazi avranno una propria autonomia finanziaria e progettuale. Come contropartita degli spazi concessi dall’Ente Locale, la rete di coworking si impegnerà a garantire corsi di formazione e di aggiornamento professionale in forma gratuita con modalità da concordare con l’Ente; oltre all’accesso gratuito a tutta la cittadinanza del quartiere per la fruizione di eventi culturali e artistici.
Lavorare e non lavorare a Roma - Crisi, esperienze, autotutela
Ha senso affrontare la questione lavorativa partendo dalla Città di Roma? È questa la domanda che vorremmo porci in un momento di studio, confronto e dibattito pubblico da tenere nella prima settimana di aprile. Si tratta evidentemente di una questione complessa, in quanto le competenze dirette in materia di regolazione del rapporto di lavoro e delle relazioni industriali riguardano il livello nazionale.
Un livello in cui assistiamo esclusivamente a riforme regressive e disattenzione verso l'esigenza della attuale composizione di chi lavora in questa città. Ma recedere dall'affrontare la questione non è ammissibile e riflettere solo in termini di utilizzo delle residue competenze delle istituzioni locali, in particolare dell'amministrazione comunale, apparirebbe riduttivo rispetto all'importanza della questione per i cittadini. Vorremmo provare a sperimentare un salto.
Un'analisi della condizione in cui vivono i cittadini romani che in vario modo si raffrontano con il lavoro ( lo hanno perso o si sentono in bilico, lo cercano o hanno rinunciato, sono in cassa integrazione, sono intermittenti o precari ecc..) e del tessuto produttivo della città, dagli esperimenti di conflitto e amministrazione esistenti e dalle forme di autotutela che ci sono e che si possono mettere in campo, possa venire un contributo su come produrre innovazioni sul terreno della questione lavorativa, immaginando nel contempo anche interventi possibile da parte di chi governa la città.
Vorremmo sviluppare questa analisi muovendo da diverse prospettive e mettendo a confronto tecnici del diritto del lavoro, amministratori e esperienze di autotutela. Anzitutto, occorre rilevare che uno degli aspetti che causa la crisi occupazionale a Roma riguarda l'impatto dei processi di rendita. Una classe imprenditoriale pigra e una legislazione locale miope, con particolare riferimento al Piano Casa regionale, stanno portando ad un fenomeno di sostituzione di bacini produttivi e quindi occupazionali in occasioni per realizzare rendita. Dove c'era una fabbrica ci saranno case o comunque attività speculative.
Occorre intervenire su tale processo non solo fermandolo ma innestando una dinamica di riconversione produttiva utile alla città e capace di produrre importanti occasioni di reddito. In secondo luogo, merita attenzione la situazione lavorativa in capo all'amministrazione comunale e alle municipalizzate. L'amministrazione è il più grande datore di lavoro della città.Pertanto, la condizione lavorativa e i diritti sindacali di questi cittadini, il rapporto tra lavoratori servizio reso e cittadini è un aspetto centrale del governo della città.
Infine, non va eluso che gli effetti della riforma fornero, in termini di riduzione di garanzie e diritti, precipitano sui lavoratori della città ed è dunque fondamentale sperimentare partendo da Roma forme di rete, di autotutela sociale e legale per contrastarne le conseguenze.
Roma: diritti e lavoro dignitoso per tutti
Art. 1 L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Art. 36. Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.
* * *
Gli indicatori regionali mostrano nel Lazio una costante flessione del PIL dal 2008 (-1,78%), fino al picco del 2009 (-4,34%). La crisi economica a Roma ha però delle caratteristiche peculiari che vanno valutate, vista la forte presenza di lavoro pubblico, nel quale sono occupati quasi il 20% dei lavoratori (contro il dato nazionale che è intorno al 14%), mentre minore è il peso dell’apparato industriale rispetto ad altre realtà del paese.
Mettendo insieme lavoratori disoccupati, cassaintegrati e inoccupati si arriva al tasso di disoccupazione del 12%; 14% per le donne, e oltre il 33% per quanto riguarda i giovani. Per interrompere questo trend negativo e recessivo è sempre più urgente rilanciare, anche a livello locale, un nuovo modello di sviluppo basato su una qualità eco-sostenibile, che metta al centro le opportunità della green economy: rispettoso dell’ambiente, orientato all’uso di materiali eco-compatibili, all’auto-produzione di energie rinnovabili.
Contemporaneamente, occorre valorizzare il settore dell’edilizia (altro polo importante della nostra città) finalizzandolo alla riqualificazione delle aree urbane e delle periferie. Bloccando in modo drastico qualsiasi ipotesi di cementificazione.
Occorre inoltre riconoscere a Roma il ruolo di bene comune dell’intera umanità, insieme al suo straordinario patrimonio artistico-culturale unico al mondo, intraprendendo un piano straordinario a sostegno della manutenzione e della tutela delle opere museali e artistiche da salvaguardare e valorizzare.
Contemporaneamente, è necessario rilanciare la produzione cinematografica e mass-mediale, come ulteriore volano di sviluppo.
Per rendere possibile tutto ciò sarà indispensabile valorizzare l’importante apparato formativo presente a Roma: i poli universitari e quelli legati alla ricerca pubblica italiana. Nella città di Roma decine di migliaia di persone lavorano nei servizi pubblici municipali, per le società private a capitale pubblico (trasporti, cultura, igiene ambientale, eccetera) o nella miriade di soggetti che svolgono servizi in appalto (servizi sociali, manutenzione degli spazi pubblici, pulizie, eccetera).
Tutti questi lavoratori hanno alle spalle lo stesso datore di lavoro: Roma Capitale. Roma Capitale sarà responsabile, oltre che dei servizi dati ai cittadini, della modalità con la quale operano i suoi lavoratori.
Per contrastare la precarietà nel lavoro proponiamo l’inserimento negli appalti e nei bandi di gara di clausole sociali, volte al rispetto dei contratti collettivi nazionali e ad evitare che l’abbattimento dei costi – come è stato fino ad oggi – coincida con l’abbattimento dei salari e dei diritti. La qualità dei servizi pubblici alla cittadinanza passa anche dalla qualità del lavoro degli operatori.
L’esternalizzazione forzata dei servizi è stata funzionale, in questi anni, alla proliferazione delle clientele e ha determinato un aumento dei costi e una diminuzione della qualità offerta ai cittadini. In questo senso, la ripubblicizzazione dei servizi può garantire risparmi e migliori prestazioni. Il pubblico deve poter indirizzare anche il privato: vanno pensati strumenti di incentivazione per le aziende private che trasformano in lavoro stabile il lavoro che oggi è precario.
Per questo occorre una diminuzione delle imposte comunali per quelle aziende che assumono i lavoratori precari. Le autorizzazioni comunali vanno legate al rispetto dei contratti e della regolarità contributiva. Roma è un grande set cinematografico a cielo aperto, che impiega migliaia di lavoratori dello spettacolo. Le autorizzazioni all’utilizzo dello spazio pubblico, ad esempio, devono tener conto del DURC.
Oppure, nel caso dell'apertura delle attività commerciali, questa va subordinata al rispetto dei contratti di lavoro dei dipendenti impegnati. Nella direzione del contrasto agli abusi va anche rafforzato – per quanto di sua competenza – l’impegno della polizia di Roma Capitale per la verifica del rispetto dei diritti dei lavoratori e la lotta al lavoro nero, anche in coordinamento con i servizi ispettivi ministeriali.
Occorre un occhio di riguardo agli espulsi dal mondo del lavoro (cassaintegrati, lavoratori in mobilità, esodati), ai precari, ai disoccupati, ai neet, cui vanno garantiti servizi comunali gratuiti: trasporti, cultura, asili nido, scuole dell’infanzia.
Oltre al ruolo di controllo e di indirizzo del pubblico, il Comune potrebbe stimolare e promuovere la creazione di occupazione, attraverso la riqualificazione e la messa a disposizione del patrimonio immobiliare posseduto: sia per la produzione diretta di beni materiali (agricoltura, manifatture), sia per l’agevolazione dell’autoimpiego (soprattutto in fase di start-up), attraverso il lavoro immateriale e della conoscenza.
Anzitutto, occorre rilevare che uno degli aspetti che causa la crisi occupazionale a Roma riguarda l'impatto dei processi di rendita. Una classe imprenditoriale pigra e una legislazione locale miope, con particolare riferimento al Piano Casa regionale, hanno portato ad un fenomeno di sostituzione di bacini produttivi, e quindi occupazionali, in occasioni per realizzare rendita: dove c'era una fabbrica tentano di costruire case o comunque realizzare attività speculative.
Occorre intervenire su tale processo non solo fermandolo ma innestando una dinamica di riconversione produttiva utile alla città e capace di produrre importanti occasioni di reddito. All’interno di questo scenario, quello che si sta imponendo, soprattutto per i settori culturali e sociali, è un cambiamento dal basso che promuova una sorta di nuovo new deal, per il lavoro delle nuove generazioni, per la solidarietà intergenerazionale, per il mutuo sostegno, per la ripresa economica.
“Cowork” deriva dall’unione delle parole “cooperation” e “work”: una cooperazione lavorativa che ha l’obiettivo concreto di risolvere i problemi di budget (costi di affitto, attrezzature, strumenti) e di provvedere a tutto ciò che si rende necessario per svolgere il proprio lavoro, qualunque esso sia. Dopo una grande diffusione negli Stati Uniti e nel Nord Europa, negli ultimi anni il coworking ha preso piede anche in Italia.
La sfida, a Roma, è quella di intraprendere una strada per sperimentare forme nuove di organizzazione del lavoro, per avviare co-progettazioni e collaborazioni tra professionalità diverse in spazi condivisi. È un mezzo per dare un nuovo utilizzo agli spazi pubblici, e alle risorse per il welfare e la formazione, finalizzandole alla promozione di un modello sociale fondato su un’economia collettiva e plurale, oltre che sul mutualismo.
Tavolo partecipato su precarietà e lavoro - 2 aprile ore 18
Il prossimo appuntamento del Tavolo è fissato per martedì 2 aprile presso il comitato civico di Via Ostiense 2. Di seguito riassumiamo le proposte per il programma elettorale emerse fino ad ora:
1- Il rispetto dei contratti collettivi per le prestazioni di lavoro rese direttamente o indirettamente per Roma Capitale
2- La ripubblicizzazione dei servizi basilari
3- Gli incentivi municipali per le aziende che stabilizzano i precari
4- Le autorizzazioni pubbliche legate al rispetto dei ccnl e dei versamenti contributivi
5- Le ispezioni municipali contro il lavoro nero e precario
6- I servizi di welfare municipale
7- La riqualificazione del patrimonio immobiliare come volano per economia e occupazione: il coworking
Documento finale
Gli indicatori regionali mostrano nel Lazio una costante flessione del PIL dal 2008 (-1,78%), fino al picco del 2009 (-4,34%). La crisi economica a Roma ha delle caratteristiche peculiari vista la forte presenza di lavoro pubblico, nel quale sono occupati quasi il 20% dei lavoratori (contro il dato nazionale che è intorno al 14%); minore è il peso dell’apparato industriale rispetto ad altre realtà del paese.
Mettendo insieme lavoratori disoccupati, cassaintegrati e inoccupati si arriva al tasso di disoccupazione del 12%; 14% per le donne, e oltre il 33% per quanto riguarda i giovani. Per interrompere questo trend negativo e recessivo è sempre più urgente rilanciare, anche a livello locale, un nuovo modello di sviluppo basato su una qualità eco-sostenibile, che metta al centro la riconversione ecologica delle attività produttive: rispettoso dell’ambiente, orientato all’uso di materiali eco-compatibili, all’auto-produzione di energie rinnovabili.
Contemporaneamente, occorre valorizzare il settore dell’edilizia (altro polo importante della nostra città) finalizzandolo alla riqualificazione delle aree urbane e delle periferie. Bloccando in modo drastico qualsiasi ipotesi di cementificazione.
Occorre inoltre riconoscere a Roma il ruolo di bene comune dell’intera umanità, insieme al suo straordinario patrimonio artistico-culturale unico al mondo, intraprendendo un piano straordinario a sostegno della manutenzione e della tutela delle opere museali e artistiche da salvaguardare e valorizzare.
Contemporaneamente, è necessario rilanciare la produzione cinematografica e mass-mediale, come ulteriore volano di sviluppo.
Per rendere possibile tutto ciò sarà indispensabile valorizzare l’importante apparato formativo presente a Roma: i poli universitari e quelli legati alla ricerca pubblica italiana. Nella città di Roma decine di migliaia di persone lavorano nei servizi pubblici municipali, per le società private a capitale pubblico (trasporti, cultura, igiene ambientale, eccetera) o nella miriade di soggetti che svolgono servizi in appalto (servizi sociali, manutenzione degli spazi pubblici, pulizie, eccetera).
Tutti questi lavoratori hanno alle spalle lo stesso datore di lavoro: Roma Capitale. Roma Capitale sarà responsabile, oltre che dei servizi dati ai cittadini, della modalità con la quale operano i suoi lavoratori.
Per contrastare la precarietà nel lavoro proponiamo l’inserimento negli appalti e nei bandi di gara di clausole sociali, volte al rispetto dei contratti collettivi nazionali e ad evitare che l’abbattimento dei costi – come è stato fino ad oggi – coincida con l’abbattimento dei salari e dei diritti. La qualità dei servizi pubblici alla cittadinanza passa anche dalla qualità del lavoro degli operatori. Occorre stabilizzare il personale precario, attraverso la rapida definizione di un piano assunzionale che contempli il passaggio a tempo indeterminato del personale che ha i requisiti individuati dalla legge di stabilità 2013 (tre anni di servizio). Bisogna eliminare il ricorso ai rapporti di lavoro atipici, a cominciare dai contratti di somministrazione lavoro, vero e proprio serbatoio di clientele a vantaggio degli apparati sindacali e dei partiti Sarà istituito un albo delle imprese virtuose che assumono solo con contratti a tempo indeterminato.
L’esternalizzazione forzata dei servizi è stata funzionale, in questi anni, alla proliferazione delle clientele e ha determinato un aumento dei costi e una diminuzione della qualità offerta ai cittadini. In questo senso, la ripubblicizzazione dei servizi può garantire risparmi e migliori prestazioni. Il pubblico deve poter indirizzare anche il privato: vanno pensati strumenti di incentivazione per le aziende private che trasformano in lavoro stabile il lavoro che oggi è precario.
Per questo occorre una diminuzione delle imposte comunali per quelle aziende che assumono i lavoratori precari. Le autorizzazioni comunali vanno legate al rispetto dei contratti e della regolarità contributiva. Va istituito un albo delle imprese virtuose che assumono solo con contratti a tempo indeterminato.
Oppure, nel caso dell'apertura delle attività commerciali, questa va subordinata al rispetto dei contratti di lavoro dei dipendenti impiegati. Nella direzione del contrasto agli abusi va anche rafforzato – per quanto di sua competenza – l’impegno della polizia di Roma Capitale per la verifica del rispetto dei diritti dei lavoratori e la lotta al lavoro nero, anche in coordinamento con i servizi ispettivi ministeriali.
Occorre un occhio di riguardo agli espulsi dal mondo del lavoro (cassaintegrati, lavoratori in mobilità, esodati), ai precari, ai disoccupati, ai neet, cui vanno garantiti servizi comunali gratuiti: trasporti, cultura, asili nido, scuole dell’infanzia.
Oltre al ruolo di controllo e di indirizzo del pubblico, il Comune potrebbe stimolare e promuovere la creazione di occupazione, attraverso la riqualificazione e la messa a disposizione del patrimonio immobiliare posseduto: sia per la produzione diretta di beni materiali (agricoltura, manifatture), sia per l’agevolazione dell’autoimpiego (soprattutto in fase di start-up), attraverso il lavoro immateriale e della conoscenza.
Anzitutto, occorre rilevare che uno degli aspetti che causa la crisi occupazionale a Roma riguarda l'impatto dei processi di rendita. Una classe imprenditoriale pigra e una legislazione locale miope, con particolare riferimento al Piano Casa regionale, hanno portato ad un fenomeno di sostituzione di bacini produttivi, e quindi occupazionali, in occasioni per realizzare rendita: dove c'era una fabbrica tentano di costruire case o comunque realizzare attività speculative.
Occorre intervenire su tale processo non solo fermandolo ma innestando una dinamica di riconversione produttiva utile alla città e capace di produrre importanti occasioni di reddito. All’interno di questo scenario, quello che si sta imponendo, soprattutto per i settori culturali e sociali, è un cambiamento dal basso che promuova una sorta di nuovo new deal, per il lavoro delle nuove generazioni, per la solidarietà intergenerazionale, per il mutuo sostegno, per la ripresa economica.
“Cowork” deriva dall’unione delle parole “cooperation” e “work”: una cooperazione tra lavoratori che ha l’obiettivo concreto di risolvere i problemi di budget (costi di affitto, attrezzature, strumenti) e di provvedere a tutto ciò che si rende necessario per svolgere il proprio lavoro, qualunque esso sia. Dopo una grande diffusione negli Stati Uniti e nel Nord Europa, negli ultimi anni il coworking ha preso piede anche in Italia come strumento per intraprendere una strada per sperimentare forme nuove di organizzazione del lavoro, per avviare co-progettazioni e collaborazioni tra professionalità diverse in spazi condivisi. È un mezzo per dare un nuovo utilizzo agli spazi pubblici, e alle risorse per il welfare e la formazione, finalizzandole alla promozione di un modello sociale fondato su un’economia collettiva e plurale, oltre che sul mutualismo.
Occorre, insomma, fare molto di più che superare parentopoli e gli interessi clientelari dell’ultima giunta Alemanno.