Roma digitale
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- Pubblicato Venerdì, 25 Gennaio 2013 19:21
La "Repubblica Romana" per la democrazia liquida
Strumenti liberi e dati aperti per migliorare la trasparenza, l'interoperabilità, la sicurezza e l'economia nell'amministrazione pubblica.
Smart city per il sociale e non per il controllo.
Abbattimento del digital divide, accesso agli strumenti digitali.
Democrazia Liquida per l'attivazione di assemblee permanenti e la partecipazione reale di tutti i cittadini alla gestione della cosa pubblica e dei beni comuni.
Testo di presentazione
Per anni, anche a sinistra, si è pensato che le tecnologie, da sole, avrebbero risolto molti problemi. E ancora oggi c’è chi pensa che basti evocare la parola “modernizzazione”, basti citare Internet per affrontare i nodi irrisolti della nostra città. Non è così, non è stato così, a conferma che gli “strumenti” non sono mai neutri. Dipenda da come li si usa. Ecco perché noi immaginiamo una Roma digitale diversa da quella che raccontano altri. Immaginiamo una Roma digitale perché vogliamo una città più solidale, più equa, più democratica, più sostenibile.
- Software libero negli uffici capitolini. Ogni anno il Comune di Roma spende centinaia di migliaia di euro per licenze di software proprietario. Esattamente quanto? Nessuno lo sa: i dati di bilancio relativi a questo tema sono nascosti con cura degna di miglior causa. Basterebbe questo a sollecitare un cambiamento radicale. In ogni caso, si tratta di denaro pubblico pagato alle multinazionali del settore, Microsoft in testa, senza nessun ritorno per il territorio. Per questo chiediamo –come del resto hanno già fatto altre amministrazioni comunali– che il Campidoglio adotti per i suoi uffici, e faccia usare ai cittadini, esclusivamente software libero. Questo consentirebbe non solo un risparmio gigantesco, una maggiore sicurezza informatica ma soprattutto consentirebbe l’adattamento dei software alle esigenze dei territori, dei quartieri, delle Municipalità. Garantirebbe lo sviluppo di aziende di servizi in software libero sul territorio. Garantirebbe l'interoperabilità fra uffici, oggi di fatto impedita. Permetterebbe una maggiore trasparenza nell'attività amministrativa e di attivare circuiti virtuosi nell'interazione tra amministrazione e cittadini.
- Open data. Chiediamo che tutti gli atti, tutti i documenti, tutte le decisioni dell’amministrazione comunale siano distribuiti come “dati aperti” (open data). E che cioè siano accessibili a tutti, senza restrizione di brevetti, copyright o altro. E questo non solo perché così si afferma un principio sacrosanto e che cioè i dati della pubblica amministrazione, finanziati col denaro pubblico devono poter essere utilizzabili dal pubblico. Ma perché questo consente un controllo democratico sulle attività amministrative. Senza contare che il rendere immediatamente fruibili a tutti i dati, le mappe, le cartografie e quant’altro, dà una spinta addirittura all’occupazione. Le città europee che hanno adottato l’open data hanno visto crescere centinaia di cooperative per la classificazione dei beni archeologici, per la tutela del paesaggio, eccetera, eccetera.
- Smart city. L’hanno fatto a Rio de Janeiro, ad Amsterdam, a Malta, stanno –timidamente– provando a farlo anche a Torino. Noi vogliamo che a Roma si cominci, sul serio, a sperimentare la “città intelligente” (o, appunto, smart city). Vogliamo che si cominci concretamente a sperimentare –con adeguati supporti di investimenti, sia pubblici che privati– un “ambiente urbano” diverso. Migliore. Dove le tecnologie, tutte, non siano il terreno di scontro fra monopoli, ma siano indirizzate alla razionalizzazione delle risorse. Alla lotta agli sprechi. Tradotto: significa mettere in rete, mettere al servizio della comunità, le tecnologie esistenti. Un esempio per capire: l’autoproduzione di energia elettrica. Un progetto “smart city” consentirebbe di coordinare gli edifici che ne producono in eccesso e spostarla verso le zone dove manca. Lo stesso per la gestione dei rifiuti. E ancora: un progetto di “smart city” consentirebbe, con le attuali tecnologie, di monitorare in tempo reale le esigenze della mobilità. E un autobus potrebbe essere spostato da un quartiere all’altro. O semplicemente aggiunta – o cancellata – una corsa di metropolitana. Noi chiediamo che cominci subito la sperimentazione.
- Digital divide. Il Comune non ha molti strumenti, a proposito. Può farsi però promotore di una campagna per la crescita nelle scuole della cultura digitale. E soprattutto potrebbe consentire che Roma assomigli di più alle altre capitali europee introducendo, in ogni angolo della città, la possibilità di connessione alla rete con Wi Fi gratuito e un'ampiezza di banda adeguata agli standards europei (Internet a Banda Larga).
- Liquid FeedBack. È uno strumento di democrazia digitale. Diverso, assai diverso da un sondaggio on line (come troppo spesso viene confuso). È una sorta di assemblea permanente, dove si discute, si ragiona, si propone. E una volta proposto, il singolo progetto può essere emendato, migliorato, finché non è votato. È uno strumento che consente alle persone non di delegare agli amministratori le scelte per la città, ma di parteciparvi attivamente. Noi proponiamo che questo strumento sia adottato, in via sperimentale, per alcune scelte nei Municipi. L’orario degli asili, la viabilità, i parcheggi, gli spazi culturali, eccetera, eccetera.
- Bitcoin. Per abbassare le barriere di accesso al commercio reale, per un mercato senza intermediari, per la valorizzazione del lavoro di chi produce. Bitcoin è un sistema di moneta digitale che non ha bisogno di nessuna banca per la sua circolazione, i costi di entrata sul mercato per i commercianti sono pari a zero ed ognuno può inviare ed accettare questo tipo di moneta usando un qualsiasi PC connesso ad Internet. Sviluppato da una larga comunità online, Bitcoin sta prendendo piede in tutto il mondo come uno dei sistemi futuri che rivoluzioneranno il mondo della contabilità e del commercio, in rete e per strada.